‘The theatres of the ancients were vast squares, ours are vessels of small dimensions. Hence, in order to be heard in them by the innumerable spectators assembled together, it was necessary to be possessed of that vox Tragaedorum, which Tully required in an orator; and, consequently, it was necessary for persons destined to use their voices in such ample theatres, to begin in very early youth, to render it strong, firm, clear, and vigorous, by an exercise very different from that in our present practice. On the contrary, our singers, who can be heard with much less force, have abandoned the ancient laborious school: and instead of fatiguing themselves in rendering their voices firm, robust, and sonorous, study to make them more delicate and flexible.
By this new method they have attained the wonderful power of velocity, which astonishes the hearers, and procures them unbounded applause. But a voice diminished, in eternal motion, and, consequently, weakened by arpeggios, trills, and divisions, may well afford that pleasure which arises from wonder, and ought to be preceded by a syllogism; but never that proceeding immediately from the natural and vigorous impressions of a clear, firm, and robust voice, which affects our organs of hearing with equal force and delight, and has the power even to penetrate the soul. I have had, and many others may have, an opportunity, by a small specimen, to judge how enormous a difference there is between these two manners of singing.
The singers of the pontifical chapel, though from their childhood educated in the modern school, when they are admitted in that choir, are obliged rigorously to abandon all the applauded embellishments of common singing, and to accustom themselves, as much as possible, at so late a period, to swell and sustain the voice. Now the celebrated Miserere itself, which has ravished me in extatic pleasure, and internally moved me, as sung at Rome, beyond any other musc I ever heard, has only fatigued and wearied me, when executed at Vienna, according to the most excellent style of the present times.
I have imagined, sometimes, that our ecclesiastical chant might give us some idea of the ancient; considering, that about the end of the sixth or beginning of the seventh century, when St. Gregory regulated the music of the Liturgy, the public theatres were open; and it appears to me natural, that whatever music was composed at that time, would be tinctured with the reigning style. But besides the barbarism into which the theatres, as well as other things, were then sunk, what performers could be found now, that are able to execute it, if it is impossible for our singers to sustain a maxima, though they can run thirty-two semiquavers in a bar?’
‘I teatri degli antichi eran vastissime piazze: i nostri, limitatissime sale; onde per farsi udire in quelli dagl'innumerabili spettatori che li occupavano, bisognava quella vox tragoedorum che Tullio desiderava nel suo oratore e per conseguirla conveniva che le persone, destinate a far uso della lor voce in così ampii teatri, incominciassero dalla più tenera età a renderla grande, ferma, chiara e vigorosa, con esercizio ben dal presente diverso. I nostri cantori all'incontro, ai quali l'essere uditi costa ora sforzo tanto minore, hanno abbandonata quella laboriosa specie di scuola, ed in vece di affaticarsi a render ferme, robuste e sonore le voci loro, studiano a farle divenir leggiere e pieghevoli.
Con questo nuovo metodo sono pervenuti a quella portentosa velocità di gorga che sorprende ed esige gli strepitosi applausi degli spettatori; ma una voce sminuzzata, e per conseguenza indebolita negli arpeggi, ne' trilli e nelle volate, può ben cagionare il piacere che nasce dalla maraviglia, e dee essere preceduto da un sillogismo, ma non mai quello che viene immediatamente prodotto dalla fisica vigorosa impressione d'una chiara, ferma e robusta voce, che scuote, con forza eguale al diletto, gli organi del nostro udito, e ne spinge gli effetti sino ai penetrali dell'anima. Ho ben io potuto, e potrà ognun che voglia argomentare da un picciolo saggio, quanto enorme sia codesta differenza.
I cantori della cappella pontificia, benchè da fanciulli instituiti anch'essi nella scuola moderna, quando sono ammessi in quel coro, conviene sotto rigorosissime pene che abbandonino affatto tutti gli applauditi ornamenti del canto comune, e che si accostumino (per quanto così tardi è possibile) a fermare ed a sostenere unicamente la voce. Ora lo stesso famoso, e celebre Miserere, che mi ha rapito in estasi di piacere e mi ha internamente commosso cantato da questi in Roma, è giunto ad annoiarmi cantato da' musici secondo il corrente stile eccellentissimo eseguito in Vienna.
Ho sperato altre volte che il nostro canto ecclesiastico potesse darci qualche idea dell'antico, considerando che, quando nel fine del sesto o nel principio del settimo secolo regolò san Gregorio la musica della nostra liturgia, erano aperti ancora i pubblici teatri, e parendomi naturale che qualunque musica in quel tempo composta dovesse risentirsi dello stile che in essi allora regnava; ma oltrechè lo stile di quei teatri dovea già, come tutto il rimanente, esser in que' tempi imbarbarito, quali esecutori potrebbero rendercelo ora presente, se tanto è impossibile a' dì nostri il sostenere una massima, quanto era in quelli l'affollar trentadue biscrome in una battuta?’
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*Notes*
Pietro Metastasio, Lettere Dell’abate Pietro Metastasio : Precedute Da Due Ragionamenti in Lode Del Medesimo., vol. 1 (Trieste: Wage, Fleis, e Comp., 1795). Translation from Pietro Metastasio, Memoirs of the Life and Writings of the Abate Metastasio. In Which Are Incorporated Translations of His Principal Letters, trans. Charles Burney, vol. 2 (London: G.G. and J. Robinson, 1786).
The drawing below is by Giovanni Antonio Canal, commonly known as Canaletto. Made in 1766, the work depicts those musicians who sang in the ducal chapel of San Marco, Venice.
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